Sovranità del vuoto
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In StockUna lunga lettera. Il bisogno profondo dell’altro. La voglia di scrivere, di passeggiare, di leggere. La scrittura ausculta il battito del tempo: un pomeriggio di dicembre, la neve, l’incedere improvviso della primavera, le voci dei bambini che giocano all’aperto. I libri sulla scrivania, mormorano, parlano. Il leggere e il pregare, due azioni, due gesti simili. Un perdersi nelle letture e nella vita pura, per trovare il nutrimento che aiuti a dare senso ai giorni. Un bambino si tuffa nella lettura per cercare, cercare… Un’irrequietezza, la sua, che rivela la consapevolezza sulla precarietà della vita. Eppure, Christian Bobin non vuole raccontarci l’oscurità, che ben conosce, ma soffermarsi sui punti luminosi dell’esistenza, per attraversare, come un funambolo, l’oscurità, il vuoto. Un livre de chevet, di meditazione che apre il lettore alla vita e al mondo, con Valéry, Rimbaud, Proust, Maurice Scève, Schubert in sottofondo e la piccola Hélène, di due anni, che ci racconta “il miracolo delle stagioni sul suo viso.”
Descrizione
Sovranità del vuoto
(AnimaMundi Edizioni, dicembre 2014) Testo originale francese a fronte – Introduzione di Mariangela Gualtieri e Chandra Livia Candiani
Titolo originale: Souveraineté du vide (Fata Morgana, 1995)
Traduzione: Maddalena Cavalleri
Una lunga lettera. Il bisogno profondo dell’altro. La voglia di scrivere, di passeggiare, di leggere. La scrittura ausculta il battito del tempo: un pomeriggio di dicembre, la neve, l’incedere improvviso della primavera, le voci dei bambini che giocano all’aperto. I libri sulla scrivania, mormorano, parlano. Il leggere e il pregare, due azioni, due gesti simili. Un perdersi nelle letture e nella vita pura, per trovare il nutrimento che aiuti a dare senso ai giorni. Un bambino si tuffa nella lettura per cercare, cercare… Un’irrequietezza, la sua, che rivela la consapevolezza sulla precarietà della vita. Eppure, Christian Bobin non vuole raccontarci l’oscurità, che ben conosce, ma soffermarsi sui punti luminosi dell’esistenza, per attraversare, come un funambolo, l’oscurità, il vuoto. Un livre de chevet, di meditazione che apre il lettore alla vita e al mondo, con Valéry, Rimbaud, Proust, Maurice Scève, Schubert in sottofondo e la piccola Hélène, di due anni, che ci racconta “il miracolo delle stagioni sul suo viso.”
Estratti dal libro:
«Non so nulla della tua vita, delle persone a te vicine, delle parole che ti proteggono, degli alberi o delle case o dell’azzurro che scorgi dalle tue finestre. Non immagino nulla. Non ho nulla da dirti che tu già non sappia. Se ti scrivo è per non smettere di scrivere, mai, ed è puro canto, pura celebrazione del canto, di questo vibrare dell’aria sul timpano del cuore. È da questa solitudine che ti scrivo, da questo silenzio che misura la nostra uguaglianza come il nostro essere lontani. Il dato inaggirabile della solitudine. La mia. La tua. Solitudine sempre più grande, illimitata»
“Dio è il nome di qualcuno che ha migliaia di nomi. Lo chiamano silenzio, aurora, nessuno, lillà, e moltissimi altri nomi, impossibile esprimerli tutti, non basterebbe una vita intera: hanno inventato un nome così, Dio, per andare più veloci, un nome per esprimere tutti i nomi, un nome per esprimere qualcuno che è dappertutto, eccetto che nelle chiese, nei municipi, nelle scuole e in tutto ciò che assomiglia, da vicino o da lontano, a una casa. Perché Dio è fuori, tutto il tempo, da qualsiasi tempo, anche in inverno, e si addormenta nella neve e la neve per lui si fa soffice, gli dona solo il suo biancore con alcune stelle cucite sopra, serbando per sé la ferita del freddo.”
«Guarda questo libro. La luce che fa tra le tue mani. Intendo una luce materiale, evidente: quella delle foreste, degli alberi che vengono abbattuti per ottenere questa carta, degli acquazzoni e delle schiarite che fanno crescere questi alberi, degli olî e dei pigmenti che danno all’inchiostro un’anima nera, del giorno che entra dalla finestra e che sorprende a volte, più della notte»
Dall’introduzione al libro
“Bobin fa venir voglia di scrivere. Cioè di vivere. Fa sentire che si può. Si può vivere con un mazzo di fiori, con una passeggiata, un acquazzone, vivere di un cavallo, una bambina, neve, libri… Con Bobin tornano a essere rituali le passeggiate, sacri i luoghi già visti, già annusati e misurati dai passi. Lui stesso dice di parlare di un tempo non registrato, il tempo della neve, il tempo della notte…. Bobin ci invita a una purificazione contemporanea, non contro qualcosa ma a spalla di qualcosa. Parla di bel silenzio sonnambulo, quel silenzio che dorme dentro di noi tutto squarciato dall’obbligo di parlare, di avere risposte pronte, di essere intelligenti a orario, di essere sociali.” CHANDRA LIVIA CANDIANI
“Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall’onnipresente impero: la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una generale fretta, ed una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione – tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin: ho sempre l’impressione di una bolla di terra ferma e assolata, ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto.” MARIANGELA GUALTIERI
“Entro in punta di piedi nei libri di Bobin, paura di disturbare, di respirare troppo rumorosamente. L’ideale sarebbe essere uno qualunque dei fiori del mazzo sul suo tavolo o un suo libro un po’ impolverato. C’è tanta solitudine, sacra solitudine e silenzio lì da Bobin. All’inizio di “Sovranità del vuoto”, c’è questa frase: “Potresti essere lontano dalla tua vita. Come sempre, non è vero? Una condizione comune, normale.” Mi ha svegliato. È questo che cerco nei libri: che mi sveglino. Facciano un po’ male, come uno scossone, ma non troppo, la violenza mi fa subito riaddormentare.”
– CHANDRA LIVIA CANDIANI
La sua scrittura è certamente poesia, perché è colma di silenzio, perché ha al proprio centro il silenzio: lo suscita, lo impone alla lettura, come respiro obbligato, come passo di forte e lento camminatore. Non lo si può leggere di corsa. La lentezza che egli persegue contagia il lettore e lo sistema in quel verbo di cui Bobin è maestro: l’auscultare, cosicché da lettori si diventa auscultatori, da corridori distratti a meditanti, da divoratori onnivori ad attenti. Bobin dunque ci conduce fuori dall’ordinario, ci educa.
MARIANGELA GUALTIERI
L’autore
Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, città della Francia centro-orientale. È molto conosciuto nel suo Paese per la sua scrittura intensa e poetica che riconduce colui che legge agli aspetti fondanti dell’esistenza. Con Une petite robe de fête (Mille candele danzanti) nel 1991, raggiunge il successo, restando tuttavia un autore discreto, che rifugge gli ambienti letterari, “innamorato del silenzio e delle rose”. AnimaMundi ha pubblicato di Christian Bobin nel 2012 Autoritratto al radiatore, nel 2013 Folli i miei passi (co-edizione con Socrates Ed.) nel 2014 Sovranità del vuoto e Mozart e la pioggia, nel 2015 La vita e nient’altro, L’uomo del disastro, Resuscitare.
Recensioni
Il existe le “beau” photographique, le “beau” peint, le “beau” en tout… Peu de fois il m’a été donné de voir le “beau” en littérature. Livre par excellence à la réflexion à ne pas lire d’un trait pour éviter de trébucher dans l’incompréhension. Je le conseille à toute personne ressentant ce besoin vital de travail de pensée…
Escellent, à ne pas mettre entre les mains de lecteurs pressés…
Informazioni aggiuntive
Peso | 1 kg |
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