TORNARE AD ABITARSI
Da una sensazione nel corpo, che mi appare inizialmente come un disturbo o un fastidio, soffermandomi un poco su di essa mi accorgo che si tramuta in un’intuizione, un’idea nuova sul significato di un’esperienza, su una direzione da seguire. Si apre una porta. Ecco allora che rifletto su quanto e come noi abbiamo abdicato al nostro intuito, abbiamo smesso di farci guidare, perché abbiamo smesso di abitarci, di abitare il nostro corpo in primis, e poi abitare la nostra mente, i nostri stati interiori.
Viviamo in una forma di esilio, senza saperlo. Non l’esilio della reclusione in casa di questi giorni. Questa potrebbe anzi essere una occasione per interrompere o attenuare quell’esilio invisibile da noi stessi che perennemente perpetuiamo e stiamo perpetuando anche adesso riempendo di tante cose le nostre giornate, mancando questo collettivo invito a un “digiuno”, a un “vuoto”, a un “silenzio”, dove forse qualcosa d’altro potrebbe accadere, qualcosa di nuovo, di inedito, che invece continuiamo a respingere se restiamo occupati con le solite faccende anche in casa, anche online.
Abbiamo tra le mani una grande occasione. Tornare ad abitarci. Essere soli per poter nascere a noi stessi. A una forma nuova. Noi incontriamo gli altri ma non vediamo mai nessuno, poiché per la maggior parte del tempo non ci siamo. Torna urgente allora concedersi veramente un tempo di silenzio e di solitudine – è estremamente difficile per noi, ci sembra quasi di morire non comunicare con nessuno anche solo per qualche ora – un tempo di digiuno anche dal cibo eventualmente (male non ci farebbe anzi) ma soprattutto un digiuno dal relazionarsi, da questa mania che abbiamo di rispondere sempre subito, da questa violenza della comunicazione digitale alla quale sottostiamo a ogni ora del giorno e della notte.