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È contemplativo lo sguardo che connota lo spettatore davanti alle opere di Fabienne Verdier, artista che è riuscita a conciliare nella sua pittura arte moderna e tradizione orientale, esprimendo in modo potente l’armonia e il caos, ma anche il mistero della bellezza del mondo.

L’opera pittorica e l’universo artistico e spirituale di Fabienne Verdier sono approfonditi seguendo un percorso cronologico che esplora i diversi momenti costitutivi della sua biografia. Vengono messi in luce il legame con la calligrafia cinese, lo studio della pittura espressionista astratta e di quella fiamminga per giungere poi alla più recente ricerca inerente la connessione tra onde sonore e onde pittoriche.

Il volume, che accompagna la retrospettiva dell’artista che avrà luogo ad Aix-en-Provence in tre differenti sedi (Musée Granet, Pavillon Vandôme e Cité du Livre), mette in luce come il percorso artistico della Verdier sia connotato dal continuo confronto con sistemi di pensiero nati in seno a culture e periodi differenti. Il suo processo creativo si nutre di un’ibridazione di saperi e si manifesta attraverso soluzioni tecniche non scontate quali l’utilizzo di enormi pennelli con manubrio, leghe di smalto. I tre luoghi in cui si svolgerà la mostra faranno da specchio a questo suo modus operandi: al Musée Granet sarà possibile seguire la sua carriera artistica, alla Cité du livre si avrà modo di approfondire la sua ricerca sul legame tra pittura e musica e, in particolare, sui quartetti d’archi. Infine, il Pavillon Vendôme ospiterà il progetto basato sul legame tra il linguaggio e le forme plastiche e, nello specifico, consentirà di scoprire grandi opere realizzate a partire da alcune coppie di parole: labirinto-libertà, forza-forma, vuoto-vibrazione, canto-disastro.

Le trasformazioni evolutive che connotano la poetica della Verdier si sono oggi incanalate in una riflessione intorno al suo rapporto immersivo nella natura, aspetto che viene per l’appunto approfondito in quello che lei stessa definisce “l’atelier nomade” e che trova un punto fermo nel suo ultimo lavoro realizzato nel territorio adiacente la montagna Sainte-Victoire, non a caso un soggetto particolarmente caro a Cézanne. Sono tuttavia molteplici le tematiche che confluiscono nel suo atelier nomade: certamente la continua evoluzione del suo atelier, ma anche l’influenza del contesto e del paesaggio, nonché lo sviluppo di nuovi strumenti adatti alla pittura.

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Descrizione

Fabienne Verdier è nata in Francia nel 1962. Dopo una prima formazione nel campo delle belle arti, ha intrapreso un viaggio di studio in Cina (1983-1992) dove ha avuto modo di conoscere i grandi pittori sopravvissuti alla Rivoluzione Culturale. Quest’esperienza è raccontata nel libro Passeggera del silenzio, e citata in L’unique trait de pinceau. Si è poi occupata delle opere di pittori espressionisti astratti. Nel 2014 apre il suo studio a New York presso la Juilliard School, dove realizza, per la prima volta, un laboratorio di ricerca sulle onde sonore e pittoriche. Nel 2015, in occasione del 50° anniversario del Petit Robert, esplora con Alain Rey i rapporti esistenti tra lessicografia e pittura. Nel 2017, in occasione del Festival d’Aix-en Provence, progetta una videoinstallazione che offra un’esperienza multisensoriale (musica, pittura e immagini in movimento) immergendo il pubblico nel cuore del processo creativo. Nel 2018 l’artista dà vita al cosidetto “atelier nomade” con l’obiettivo di dipingere con i suoi grandi pennelli all’aperto: cerca di confrontarsi con la natura per esprimerne la bellezza e la fragilità. Tale atelier viene installato nel territorio della montagna di Sainte Victoire. L’opera di Fabienne Verdier è esposta in molti Paesi e fa parte di diverse collezioni pubbliche, tra le quali vale la pena ricordare il Centre Georges Pompidou a Parigi, la Kunsthaus di Zurigo e la Pinakothek der Moderne di Monaco di Baviera.

Alexandre Vanautgaerden è uno storico e storico dell’arte che, oltre ad aver insegnato tali discipline, ha diretto una serie di documentari e collaborato a diversi programmi culturali della televisione pubblica belga. È stato direttore del Musée de la Maison d’Erasme a Bruxelles dal 1994 al 2012, e successivamente, della Bibliothèque de Genève fino al 2018. Si è sempre interessato, in una prospettiva interdisciplinare, al legame esistente tra il mondo della creazione e quello della ricerca. Il suo ultimo progetto è stato una riflessione sul rapporto tra linguistica, dizionari analogici e pittura astratta; a questo proposito, e in occasione del 50° anniversario del Petit Robert, ha avuto modo di collaborare con il linguista Alain Rey e Fabienne Verdier. Ha inoltre organizzato una mostra a Bruxelles (2013) sui quaderni di Fabienne Verdier inerenti il suo lavoro sui primitivi fiamminghi, e una mostra al Museo Voltaire di Ginevra (2017) sull’esperienza del linguaggio.

Alain Berthoz è un neurofisiologo. Dal 1993 è professore di fisiologia della percezione e dell’azione al Collège de France.

Bruno Ely è curatore capo del Musée Granet di Aix-en-Provence dal 2008.

Bernard Foccroulle è musicista, compositore e direttore d’orchestra.

Charles Juliet è un poeta, drammaturgo romanziere. Nel 2017 ha vinto il Grand prix de l’Académie française per la sua opera.

Germain Viatte è stato conservatore e direttore di numerosi musei. Nel 2013 ha preso parte al lavoro di Fabienne Verdier L’Esprit de la peinture, Hommage aux maîtres flamands.

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