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Davanti a ciò che la vita ha di più crudele, talvolta tutti i pensieri crollano, privi di appoggio, e non ci resta altro che chiedere agli alberi che tremano sotto il vento di insegnarci quella compassione che il mondo ignora.  Christian bobin

In Resuscitare, Christian Bobin attraversa la vita nelle sue minutissime pieghe quasi a voler trattenere, con l’inchiostro nero dei giorni, “scintille di luce”. Con folle caparbietà, egli non smette di osservare la forza della vita, la quale – come egli stesso scrive – può inghiottire anche la morte. Bobin cerca, con tutto se stesso, una pulizia dello sguardo, una “presenza pura” poiché “è possibile vedere bene solo a condizione di non cercare il proprio interesse in quello che si vede”: è uno dei tanti aforismi disseminati tra i brevi quadri di vita cui si alternano meditazioni folgoranti. Pagine dove un susseguirsi di volti e di luoghi è radicato in una contemplazione profonda della natura. Con Bobin, attraversiamo la Francia: la Borgogna, cittadine più o meno note, il castello di Bissy-sur-Fley, i cimiteri dove sono sepolte le persone amate, semplici drogherie o lussuose vetrine di Parigi, ospedali psichiatrici, splendide cattedrali e tanti altri luoghi abitati da volti amati, come il paese di Saint-Ondras nell’Isère o la foresta di Saint-Sernin, vicino a casa. Ma è la pagina bianca il luogo dove il passato e il presente si rincorrono per tentare una via di riconciliazione profonda: qui, lo scrittore Bobin, con l’umiltà dello scalpellino, si sforza di estrarre filamenti di luce per rischiarare il buio. “Scrivo con una minuscola bilancia come quelle utilizzate dai gioiellieri. Su un piatto depongo l’ombra e sull’altro la luce. Un grammo di luce fa da contrappeso a diversi chili d’ombra”.  (Maddalena Cavalleri)

 

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Codice Prodotto: BOBIN349955 Categorie: , , Anno 2015 Collana Scrittura nuda

Autore Christian Bobin

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Descrizione

In Resuscitare, Christian Bobin attraversa la vita nelle sue minutissime pieghe quasi a voler trattenere, con l’inchiostro nero dei giorni, “scintille di luce”. Con folle caparbietà, egli non smette di osservare la forza della vita, la quale – come egli stesso scrive – può inghiottire anche la morte. Bobin cerca, con tutto se stesso, una pulizia dello sguardo, una “presenza pura” poiché “è possibile vedere bene solo a condizione di non cercare il proprio interesse in quello che si vede”: è uno dei tanti aforismi disseminati tra i brevi quadri di vita cui si alternano meditazioni folgoranti. Pagine dove un susseguirsi di volti e di luoghi è radicato in una contemplazione profonda della natura. Con Bobin, attraversiamo la Francia: la Borgogna, cittadine più o meno note, il castello di Bissy-sur-Fley, i cimiteri dove sono sepolte le persone amate, semplici drogherie o lussuose vetrine di Parigi, ospedali psichiatrici, splendide cattedrali e tanti altri luoghi abitati da volti amati, come il paese di Saint-Ondras nell’Isère o la foresta di Saint-Sernin, vicino a casa. Ma è la pagina bianca il luogo dove il passato e il presente si rincorrono per tentare una via di riconciliazione profonda: qui, lo scrittore Bobin, con l’umiltà dello scalpellino, si sforza di estrarre filamenti di luce per rischiarare il buio. “Scrivo con una minuscola bilancia come quelle utilizzate dai gioiellieri. Su un piatto depongo l’ombra e sull’altro la luce. Un grammo di luce fa da contrappeso a diversi chili d’ombra”.  (Maddalena Cavalleri)

Titolo originale: Ressusciter, Gallimard, 2001  – Resuscitare,  AnimaMundi Edizioni, dicembre 2015  –  traduzione dal francese: Laura Majocchi

 

 

Quarta di copertina

Talvolta vorrei entrare in una casa a caso, sedermi in cucina e chiedere agli abitanti di che cosa hanno paura, che cosa sperano e se capiscono qualcosa della nostra comune presenza sulla terra. Mi hanno ammaestrato a sufficienza perché mi trattenga da questo slancio che, tuttavia, mi sembra il più naturale del mondo.

 

L’autore

Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, una cittadina della Borgogna. Ha conosciuto in Francia un crescente successo di pubblico e di critica, fino al premio che l’Académie Française gli ha conferito nel 2016. Della sua opera, la cui densità poetica affascina i lettori riportandoli ai temi fondanti dell’esistenza, AnimaMundi ha pubblicato Autoritratto al radiatore (2012), Sovranità del vuoto (2014), Mozart e la pioggia (2015), L’uomo del disastro (2015), La vita e nient’altro (2015), Resuscitare (2015), Più viva che mai (2018), La vita grande (2018), Folli i miei passi (in coedizione con Socrates 2012), Consumazione – un temporale (in coedizione con Servitium, 2014).

 

Dicono di Bobin

Vi sono autori riguardo ai quali il leggerli è quasi un offenderli, uno sporcarli. C’è una purezza che ad accostarla troppo ti fa sentire indegno nell’intrattenere una qualche forma di rapporto – anche pure di distanza – con essa. Tra questi autori, sicuramente vi è Christian Bobin. La cui scrittura riesce a raggiungere un’altezza, che è altezza sottile prima che letteraria, giunge a trasformarsi in un’elogio tale della semplicità che ad avvicinarla, l’esito non è, come ci si aspetterebbe, un conclusivo ristoro in se stessi, ma primariamente un principio di tremore, quel senso del tremendum che è proprio dell’accostamento al sacro. In questo caso la sacralità dell’assolutamente manifesto e nudo darsi dell’evento.”                            GIANFRANCO BERTAGNI

Bobin fa venir voglia di scrivere. Cioè di vivere. Fa sentire che si può. Si può vivere con un mazzo di fiori, con una passeggiata, un acquazzone, vivere di un cavallo, una bambina, neve, libri… Con Bobin tornano a essere rituali le passeggiate, sacri i luoghi già visti, già annusati e misurati dai passi. Lui stesso dice di parlare di un tempo non registrato, il tempo della neve, il tempo della notte…. Bobin ci invita a una purificazione contemporanea, non contro qualcosa ma a spalla di qualcosa. Parla di bel silenzio sonnambulo, quel silenzio che dorme dentro di noi tutto squarciato dall’obbligo di parlare, di avere risposte pronte, di essere intelligenti a orario, di essere sociali.”    CHANDRA LIVIA CANDIANI

Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall’onnipresente impero: la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una generale fretta, ed una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione – tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin: ho sempre l’impressione di una bolla di terra ferma e assolata, ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto.”     MARIANGELA GUALTIERI

Parole dette nel totale silenzio della scrittura, e sentite nella solitudine della lettura, possono consentire una condivisione di rara potenza. Tutti abitiamo un luogo più profondo di quello che la società umana ci fa credere e Bobin è maestro nel ricordarcelo.”     ANDRES NEUMANN

 

Estratti dal libro:

Se Dio non si trova nelle nostre storie d’amore, allora le nostre storie sbiadiscono, si sgretolano e crol- lano. Non è essenziale che Dio venga nominato. Come non è indispensabile che il suo nome sia conosciuto a coloro che si amano.

 

L’amore è il miracolo di essere un giorno intesi sin nei nostri silenzi e di intendere in cambio con la stessa delicatezza: la vita allo stato puro, fine come l’aria che sostiene le ali delle libellule e che si rallegra della loro danza.

 

Possono fare entrare tutto nei loro calcoli, salvo la grazia, ed è per questo che i loro calcoli sono vani.

 

Dovremmo ringraziare gli animali per la loro favolosa innocenza ed essere loro grati perché posano su di noi la dolcezza dei loro occhi inquieti senza mai condannarci

 

Con un po’ più di pazienza, sarei stato uno scemo del villaggio abbastanza bravo. E’ un mestiere che non esercita quasi più nessuno: troppo difficile, senza dubbio. E’ più facile diventare un medico, un ingegnere o persino uno scrittore. Più facile e più gratificante agli occhi del mondo.

 
Ho lasciato una parte di me un po’ ovunque, nelle stanze di Digione dove, per i miei studi, vegliavo su libri incantevoli e sulle strade di campagna di Saint-Sernin, dove ascoltavo ridere e parlare G., guardando volare al di sopra di uno stagno i semi dei fiori di tarassaco. Quello che ero in quelle ore calme vive ancora là dove l’ho lasciato. Continua a leggere gli stessi libri nelle stesse camere da letto e passeggia sulla sponda dello stesso stagno. Talvolta lo scorgo, quando il presente diventa abbastanza chiaro perché io possa vedere al di là del tempo.

Lei aveva otto anni. Accompagnava il padre nella drogheria in cui lavoravo per un’estate. Lui era un arabo dallo sguardo dolce e timido, invecchiato prima del tempo in fabbrica. La ragazzina gli faceva da traduttrice, addolcendo i suoi spostamenti in un mondo di cui egli non conosceva la lingua. C’erano sul viso della bambina così tanta intelligenza e bontà che il suo sorriso, quando le ho dato il resto, mi è subito entrato dentro, andando ad aggiungersi alle luci che, con il tempo, si depongono nel mio cuore come una polvere d’oro e mi aiutano a vivere senza timore gli oscuramenti talvolta inevitabili della vita.

Ci facciamo gli uni gli altri tanto torto, e poi un giorno moriremo.

 

Ho trovato Dio nelle pozzanghere d’acqua, nel produmo del caprifoglio, nella purezza di certi atei. Non l’ho quasi mai trovato presso coloro il cui mestiere consiste nel parlarne.

 

Davanti a ciò che la vita ha di più crudele, talvolta tutti i pensieri crollano, privi di appoggio, e non ci resta altro che chiedere agli alberi che tremano sotto il vento di insegnarci quella compassione che il mondo ignora.

Informazioni aggiuntive

Peso 1 kg
Autore / Autrice

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