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estratti dal libro

Aspetto. Ho aspettato tutta la vita. Aspetterò tutta la vita. Non saprei dire cosa sto aspettando in questo modo. Ignoro ciò che può metter fine a una così lunga attesa. Non sono impaziente di questa fine. Ciò che aspetto non è nulla che possa venire dalla parte del tempo. Non posso spiegarmi a questo proposito. Perchè dovremmo sempre spiegarci? A volte, come questa mattina, mi dico pure: “Sono atteso, non so dove, non so da cosa o da chi, ma sono sicuro di essere atteso.

Ieri pomeriggio mi sono innamorato di un albero. Trascorre i suoi giorni sul ciglio della pista ciclabile, poco lontano da qui. Il suo fogliame sovrasta una parte della strada. Attraversando la sua ombra, ho alzato la testa e ho guardato i suoi rami, come quando entrando in una chiesa gli occhi si levano d’istinto verso la volta. La sua ombra era più calda di quella delle chiese. L’apparizione di quest’albero ha fatto sorgere in me un silenzio di grande bellezza. Per qualche istante non avevo più niente da pensare, da dire, da scrivere e persino, sì, più niente da vivere. Ero sollevato qualche metro da terra, portato come un bimbo tra le sue braccia verde scuro, rischiarate dalle lentiggini del sole. Ciò è durato qualche secondo e quei secondi sono stati lunghi, così lunghi che un giorno dopo durano ancora. Quello che è successo ieri mi ha appagato. In una manciata di secondi quell’albero mi ha dato abbastanza gioia per i prossimi vent’anni almeno. 

La letteratura eterna – storie, miti, leggende – ha fatto la sua comparsa sulla terra insieme ai primi uomini. Ha permesso loro di abitare la terra senza morire di freddo. Il fuoco e la voce che racconta sono stati inventati nello stesso momento, per dare lo stesso calore e tenere lontani gli animali selvaggi. La letteratura eterna dev’essere nata così: qualcuno si china su un altro che soffre, comincia a raccontare la grande leggenda dei primi albori, il turbine dei crepuscoli, il carnevale degli dei, e attraverso questa voce che inventa arriva un po’ di luce nel buio. La letteratura eterna era già qui, per intero, al tempo in cui gli uomini illuminavano le caverne con i fantasmi colorati di cavalli. È arrivata nel momento stesso in cui la paura è entrata per la prima volta in un’anima […] La letteratura eterna è la più antica medicina del mondo. È anteriore alla scrittura. Prima di depositarsi su tavolette di argilla, ha purificato delle voci, ha placato delle anime. Essa continua a farlo ogni volta che una madre si china sul suo bambino intorpidito dalla stanchezza, e racconta una storia, canta una canzone. Non c’è mai stata una reale distinzione tra parola e scrittura. La scrittura è la sorella minore della parola. La scrittura è la sorella tardiva della parola con la quale un individuo, viaggiando dalla sua solitudine alla solitudine dell’altro, popola lo spazio tra le due solitudini con una via lattea di parole […]

 

Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall’onnipresente impero: la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una generale fretta, ed una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione – tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin: ho sempre l’impressione di una bolla di terra ferma e assolata, ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto.”    MARIANGELA GUALTIERI

L’autore

Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, una cittadina della Borgogna. Ha conosciuto in Francia un crescente successo di pubblico e di critica, fino al premio che l’Académie Française gli ha conferito nel 2016. Della sua opera, la cui densità poetica affascina i lettori riportandoli ai temi fondanti dell’esistenza, AnimaMundi ha pubblicato Autoritratto al radiatore (2012), Sovranità del vuoto (2014), Mozart e la pioggia (2015), L’uomo del disastro (2015), La vita e nient’altro (2015), Resuscitare (2015), Più viva che mai (2018), La vita grande (2018), Folli i miei passi (in coedizione con Socrates 2012), Consumazione – un temporale (in coedizione con Servitium, 2014).

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Codice Prodotto: 936-1 Categorie: , , Anno 2012 Collana Scrittura nuda

Autore Christian Bobin

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Descrizione

Fa freddo e i radiatori non funzionano. Li ho aperti e fanno un rumore d’acqua che mormora, una lieve cantilena di pioggia, gradevole per chi è al riparo sotto un tetto, tra quattro mura. Di tanto in tanto appoggio la mano sui radiatori, restano freddi ma il loro canto mi riscalda (…) Ho quarantacinque anni, il passaggio di una giovane donna nella mia vita mi ha abbagliato, sconvolto, o meglio messo in sesto, un passaggio fatto tutto di splendore e delicatezza, come il vento quando smuove i petali di una rosa (…) Ho quarantacinque anni e ho voglia di vivere e talvolta questa voglia si affievolisce e si allontana un po’, ma se a volte basta un nulla per abbattermi, mi basta ancor meno per risuscitare, e la voglia di vivere mi è ritornata in pieno stamattina grazie al canto dei radiatori freddi, semplicemente per questo. (…) Questo è  il mio autoritratto di oggi, domani sarà cambiato o forse già stasera. L’ho scritto perchè voi scriviate il vostro, a modo vostro, datandolo e donandolo poi a qualcuno che amate. Coloro che ci circondano a volte si addormentano. Coloro che attraversano le nostre vite lo fanno alla cieca, senza mai saper bene chi siamo e dove siamo. E` bene dirglielo. Io ve lo dico per oggi, (…) alle undici e venti del mattino, in questo freddo e musicale appartamento.

 

ESTRATTI dal libro…

Alla domanda sempre imbarazzante: cosa stai scrivendo ora, rispondo che scrivo di fiori, e che un altro giorno sceglierò un soggetto ancora più esile, più umile se possibile. Una tazza di caffè. Le avventure di una foglia di ciliegio. Ma per il momento ho già molto da vedere: nove tulipani che scoppiano dalle risa in un vaso trasparente. Guardo il loro tremolio sotto le ali del tempo che passa. Hanno un modo radioso di essere senza difesa, e scrivo questa frase sotto loro dettatura: «Ciò che crea un evento è ciò che è vivo, e ciò che è vivo è ciò che non si protegge dalla perdita di se stesso».

Stamattina, davanti al vetro della mia finestra, un ragno appeso a un filo invisibile faceva ginnastica. Guardando quel corpicino scuro salire e scendere nell’aria nitida, ho pensato che avevamo ricevuto entrambi il dono dell’esistenza. Ero di pessimo umore, mi ero svegliato male. Il ragno, invece, danzava. Della vita, che ci era stata donata nello stesso modo, in quel momento esso faceva un uso migliore del mio. Questo appunto è un pò lungo, lo riassumo: stamattina ho preso lezioni di danza da un ragno e questo pomeriggio sto molto meglio.

L’uomo frettoloso e l’uomo lento moriranno entrambi, certo, ma l’uomo lento a quel punto avrà percorso una distanza ben più lunga dell’uomo frettoloso.

«Resta con me», dice l’amore malvagio. «Va – dice l’amore buono – va, va, va: è per fedeltà alla fonte che il ruscello se ne allontana e si trasforma in torrente, in fiume, in oceano, in sale, in azzurro, in canto.»

Sforzarsi senza tregua di pensare a chi ti sta davanti, prestargli un’attenzione reale, costante, non dimenticarsi un secondo che colui o colei con cui tu parli viene da un altro luogo, che i suoi gusti, le sue idee e i suoi gesti sono stati plasmati da una lunga storia, popolata di molte cose e di altre persone che tu non conoscerai mai. Ricordarti in continuazione che colui o colei che guardi non ti deve nulla, non e` una parte del tuo mondo, non c’e` nessuno nel tuo mondo, neppure tu. Questo esercizio mentale – che mobilita il pensiero e anche l’immaginazione – e` un po’ duro, ma ti conduce al piu` grande godimento che ci sia: amare colui o colei che ti sta davanti, amarlo per quello che e`, un enigma – e non per quello che credi, per quello che temi, per quello che speri, per quello che ti aspetti, per quello che cerchi, per quello che vuoi.

Aspetto. Ho aspettato tutta la vita. Aspetterò tutta la vita. Non saprei dire cosa sto aspettando in questo modo. Ignoro ciò che può metter fine a una così lunga attesa. Non sono impaziente di questa fine. Ciò che aspetto non è nulla che possa venire dalla parte del tempo. Non posso spiegarmi a questo proposito. Perchè dovremmo sempre spiegarci? A volte, come questa mattina, mi dico pure: “Sono atteso, non so dove, non so da cosa o da chi, ma sono sicuro di essere atteso”.

C’è un momento in cui la nostra vita, sotto la pressione di una gioia o di un dolore, raduna ciò che in essa era prima disperso – come una città i cui abitanti abbandonino le loro occupazioni per riunirsi tutti nella piazza principale. Questo momento può arrivare a qualsiasi età, a due anni come a quaranta. Ciò che si crea in quell’istante non cesserà più, in seguito, di effondere i suoi effetti sino al nostro ultimo respiro.

 

Dicono di Bobin

Bobin fa venir voglia di scrivere. Cioè di vivere. Fa sentire che si può. Si può vivere con un mazzo di fiori, con una passeggiata, un acquazzone, vivere di un cavallo, una bambina, neve, libri… Con Bobin tornano a essere rituali le passeggiate, sacri i luoghi già visti, già annusati e misurati dai passi. Lui stesso dice di parlare di un tempo non registrato, il tempo della neve, il tempo della notte…. Bobin ci invita a una purificazione contemporanea, non contro qualcosa ma a spalla di qualcosa. Parla di bel silenzio sonnambulo, quel silenzio che dorme dentro di noi tutto squarciato dall’obbligo di parlare, di avere risposte pronte, di essere intelligenti a orario, di essere sociali.”    CHANDRA LIVIA CANDIANI

Bobin è fra coloro che hanno il compito di portare in salvo due entità così vessate dall’onnipresente impero: la lingua, la sfinita vitalità della lingua e quella che potremmo chiamare la salute ritmica del mondo, attaccata ora da quella misteriosa, sinistra forza che ci impone una generale corsa, una generale fretta, ed una conseguente mancanza di cura, di profondità, di compassione, di ispirazione – tutte entità che richiedono una ritmica lenta, di ascolto, di attesa, di rivelazione. Per questo mi rinfresca leggere Bobin: ho sempre l’impressione di una bolla di terra ferma e assolata, ombreggiata, stellata, nel bel mezzo di un prepotente, coatto sgambettare di tutto.”     MARIANGELA GUALTIERI

Vi sono autori riguardo ai quali il leggerli è quasi un offenderli, uno sporcarli. C’è una purezza che ad accostarla troppo ti fa sentire indegno nell’intrattenere una qualche forma di rapporto – anche pure di distanza – con essa. Tra questi autori, sicuramente vi è Christian Bobin. La cui scrittura riesce a raggiungere un’altezza, che è altezza sottile prima che letteraria, giunge a trasformarsi in un’elogio tale della semplicità che ad avvicinarla, l’esito non è, come ci si aspetterebbe, un conclusivo ristoro in se stessi, ma primariamente un principio di tremore, quel senso del tremendum che è proprio dell’accostamento al sacro. In questo caso la sacralità dell’assolutamente manifesto e nudo darsi dell’evento.”                            GIANFRANCO BERTAGNI

Parole dette nel totale silenzio della scrittura, e sentite nella solitudine della lettura, possono consentire una condivisione di rara potenza. Tutti abitiamo un luogo più profondo di quello che la società umana ci fa credere e Bobin è maestro nel ricordarcelo.”     ANDRES NEUMANN

 

L’autore

Christian Bobin è nato nel 1951 a Le Creusot, una cittadina della Borgogna. Ha conosciuto in Francia un crescente successo di pubblico e di critica, fino al premio che l’Académie Française gli ha conferito nel 2016. Della sua opera, la cui densità poetica affascina i lettori riportandoli ai temi fondanti dell’esistenza, AnimaMundi ha pubblicato Autoritratto al radiatore (2012), Sovranità del vuoto (2014), Mozart e la pioggia (2015), L’uomo del disastro (2015), La vita e nient’altro (2015), Resuscitare (2015), Più viva che mai (2018), La vita grande (2018), Folli i miei passi (in coedizione con Socrates 2012), Consumazione – un temporale (in coedizione con Servitium, 2014).

Informazioni aggiuntive

Peso 1 kg
Autore / Autrice

Tipologia

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Anno

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