Peyoteros. Viaggio nella terra magica della droga

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A Viricota, nei montuosi deserti del Messico, dove non esiste impronta d’uomo e di civiltà e dove tutto è sacro, fiorisce il peyote. Sarebbe troppo semplice dire che è una pianta del deserto, una droga o un allucinogeno. Il peyote è un dio. Insieme con il mais e il daino forma una triade mistica che è alla base di un complesso cerimoniale primitivo, la cui conoscenza è destinata forse a schiuderci l’enigma di antiche popolazioni che passarono un giorno sulla terra, simili a dèi, prima che le loro tracce andassero cancellate e disperse dalla “civiltà”.

Gli huicholes, che tra gli indios mesoamericani sono quelli che hanno potuto salvaguardare più a lungo l’integrità dei loro riti, raccolgono annualmente il peyote dopo un’estenuante marcia che è un pellegrinaggio sacro, una progressiva “divinizzazione”. Nessuno ha mai partecipato al viaggio sacro di questi indios.

Nessuno, prima di Fernando Benítez, ce lo ha mai raccontato.

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Descrizione

Il suo nome azteco è “péyotl”, quello scientifico “Lophophora”. È una piccola, umile cactanea lanosa, difficile a trovarsi. Cresce nascosta tra i cespugli, dissimulata tra le rocce e i calcari. Durante le lunghe siccità, contrae il corpo cereo e grigio e la testa affonda nel collo della radice fino a scomparire. Manca di belle spine, e i suoi fiori bianchi e rosa non attirano l’attenzione dei collezionisti e dei botanici. Il peyote è un dio: il Divino Luminoso, il Fratello Maggiore, il Bisnonno Coda di Daino.

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Nota biografica

Fernando Benitez (Città del Messico , 16 gennaio del 1912 – Ibid, 21 di febbraio del 2000 ) è stato un giornalista, scrittore, editore e storico messicano.

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