Al paese dei Tarahumara e altri scritti

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Antonin Artaud cercava, in Messico, i Tarahumara – la «razza degli uomini perduti» – e, introdotto nella tribù, si troverà rovesciato e quasi inchiodato per sempre «dall’altra parte delle cose», che era già la condizione naturale della sua coscienza e il suo destino.

Racconterà questo viaggio in Al paese dei Tarahumara, il suo libro più prezioso, scritto sulla superficie di un metallo abbacinante.

Qui si trovano i suoi testi più difficili e più ricchi, dove nessuno schermo copre più la sua voce e ogni pretesto deviante è ormai caduto.

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Nota biografica

Commediografo, attore teatrale, scrittore e regista teatrale francese, Antonin Artaud nacque in una famiglia borghese. Il padre, Antoine Roi, era capitano di lungo corso e sua madre, Euphrasie Nalpas, era originaria di Smirne, in Turchia.
I suoi ricordi d'infanzia sembrano evocare un clima caloroso, affettuoso, che viene però turbato dal manifestarsi di una grave malattia.
All'età di quattro anni il bambino è infatti colpito da una meningite, alla quale si tende ad attribuire la maggior parte dei problemi neurologici di cui soffrì in seguito. Questi problemi comprendono la nevralgia, la balbuzie e vari episodi di depressione grave.
Convinto assertore del surrealismo, se ne allontana per frequentare la scuola di Ch. Dullin, esordendo come attore all'Atelier. Nel 1926 avvia un'attività teatrale in piena autonomia, con la fondazione del teatro Alfred Jarry, dove esordisce come regista mettendo in scena una sua pochade, e con la elaborazione di alcuni manifesti teorici sul coinvolgimento dello spettatore. Artaud crede che il compito del teatro sia quello di scuotere e sconvolgere lo spettatore: il suo teatro della crudeltà intende proporre uno "spettacolo totale" in cui vengano impiegati i mezzi d'azione più disparati (luci, suoni, gesti), così che si possa meglio suscitare la partecipazione incondizionata e l'adesione emotiva dello spettatore.
Nel 1935 assume la direzione del Folies-Wagram e vi rappresenta il suo dramma "Les Cenci", ma la malattia mentale lo obbligò poi a tenersi lontano dalla vita teatrale.
Tra le sue pubblicazioni si ricordano: "Il teatro e il suo doppio", "Eliogabalo", "Van Gogh. Il suicidato della società".

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